Gep
è alla ricerca della grande bellezza, ma ha sempre guardato dalla
parte sbagliata. Compie 65 anni e si accorge di avere una vita vuota,
banale, di essere circondato da persone sole, false ed infelici, che,
come lui soffrono, ma la maggior parte credono di aver trovato la
soluzione o si accontentano di festini e birra. Gep sa di avere una
vita colma di niente, un mucchio di niente dal quale non può vedere
quella bellezza che cerca, quella bellezza così sana, semplice. La
bellezza di un momento non significativo, non necessariamente
profondo, quella bellezza così fine a se stessa, che non necessita
di essere compresa, ma solo di essere cercata e trovata, di essere
sentita.
Questo
è il mio approccio filosofico al film che circa tutta Italia ha
visto ieri sera: La Grande Bellezza. Mi preme di dire che chi
non l'ha apprezzato è per il semplice motivo che non l'ha capito,
chi si è infuriato, chi l'ha definito come un affronto, un brutto
dipinto dell'Italia, semplicemente è rimasto impietrito di fronte al
primo film italiano che ha dato vita alla realtà. Che ha dato voce
ad una drammatica constatazione senza porvi rimedio.
Quindi,
se non credete di essere in grado di comprendere quello di cui ho
parlato prima, lasciate stare, rimanete con quella gradevole
illusione e non rovinatevelo sentendovi inadeguati nel momento in cui
non lo capirete.
E
poi, signori, non a caso ha vinto un dannato Oscar, non vorrà forse
dire qualcosa?
Tralasciando
alcuni attori discutibili che, però, in un film simile sono stati
perfettamente inseriti e non hanno minimamente stonato. Ma l'uomo che
ha dato emozione alla così chiara visione di Sorrentino è stato
Toni Servillo. Perfetto. Quest'attore ha colto la grande bellezza del
film, il nocciolo, il diamante nella miniera (che poi i diamanti ci
saranno nelle miniere?) ed è riuscito a dargli vita. Niente da dire.
Questo film è un capolavoro.
Scusatemi
se ho pubblicato tardi, ma ho avuto qualche piccolo incidente di
percorso. Ma da ora ritorno attiva!
Un
bacione,
Camilla